Roma, 6 dicembre 2024 – Garantire la sostenibilità del sistema sanitario, promuovere la competitività del settore farmaceutico e attrarre investimenti strategici, eliminando le criticità di natura normativa che impediscono il pieno raggiungimento del potenziale del comparto farmaceutico. Questi temi sono stati al centro dell’evento “Payback farmaceutico: sostenibilità e certezza del diritto come base per una leale collaborazione”, organizzato oggi da Johnson & Johnson Innovative Medicine, presso il Centro Studi Americani a Roma, con il patrocinio di Farmindustria.
All’evento, hanno preso parte: Marcello Cattani, Presidente Farmindustria, Emanuele Monti, Presidente Commissione Welfare Regione Lombardia ed Executive Board Member dell’Agenzia italiana del farmaco, AIFA, il Presidente Commissione Finanze del Senato Massimo Garavaglia, l’Onorevole Annarita Patriarca, la Dottoressa Claudia Biffoli, Divisione Biotecnologie e Farmaceutica del MIMIT, Rick De Lambert, Senior Commercial Officer U.S. Embassy e Mario Sturion, Amministratore Delegato di Johnson & Johnson Innovative Medicine Italia.
L’incontro ha evidenziato l’importanza di creare un quadro normativo stabile e certo per l’industria farmaceutica, la cui produzione nel 2023 ha raggiunto i 52 miliardi di euro e che si trova, però, a fronteggiare una serie di ostacoli, tra cui il payback che ha raggiunto livelli insostenibili sull’attrattività degli investimenti. Si è discusso della necessità di adottare scelte che delineino un contesto favorevole al pieno sviluppo industriale. Il settore, infatti, costituisce una risorsa fondamentale dell’economia nazionale ed europea, giocando un ruolo chiave per il progresso della medicina e per la crescita economica dell’Europa e del Paese: solo nel 2023, le aziende hanno contribuito all’economia del Paese – considerando il contributo diretto e indiretto - con circa 19,7 miliardi di euro, attraverso investimenti in produzione e R&S, stipendi e contributi, imposte dirette specifiche e IVA.
Focus principale degli interventi dei relatori istituzionali, della comunità scientifica e degli esperti, l’opportunità di rivedere e limitare l’impatto del meccanismo del payback nel suo attuale impianto - costato quasi 20 miliardi di euro dal 2013 al 2023, se si considerano tutte le forme di payback vigenti – inserendo meccanismi che possano garantirne la prevedibilità, in modo da tutelare le legittime aspettative delle aziende nel delineare i loro piani industriali.
Così, durante l’evento, sono stati presentati nuovi dati ed evidenze qualitative sul meccanismo del payback. Da un lato, un paper del Professore Domenico Siclari dell’Università “La Sapienza” di Roma – dal titolo “Le criticità del payback nel mercato farmaceutico. Ragionevolezza del meccanismo, certezza del diritto, programmabilità degli investimenti, tutela dell’innovazione” -, che ne interroga la compatibilità con le norme europee e nazionali. L’approfondimento mira a ribadire l’importanza di un sistema prevedibile per la programmazione degli investimenti e lo sviluppo dell’innovazione.
Secondo il professore, l’aspetto più problematico del payback, dal punto di vista del buon funzionamento del mercato farmaceutico, è il continuo stato di incertezza in cui versano gli operatori: infatti benché l’obbligo di restituzione finanziaria sia previsto per legge nei suoi tratti essenziali, non può essere preventivato nella sua concreta incidenza a carico di ciascuna impresa. L’imprevedibilità degli effetti del payback rende impossibile agli operatori effettuare una previsione dei costi futuri e una programmazione razionale degli investimenti.
“Il meccanismo del payback, così com'è strutturato, risulta iniquo e irrazionale in un’economia di mercato. Va pertanto rivisto e corretto perché altrimenti penalizza non solo la competitività e la capacità di innovazione delle aziende farmaceutiche, ma, a causa della sua imprevedibilità, minaccia anche la loro stessa sopravvivenza. Senza investimenti adeguati, la ricerca si ferma e con essa la possibilità di sviluppare nuovi farmaci, a discapito dei pazienti, che dovrebbero essere i principali beneficiari delle politiche sanitarie”, spiega il Professore Domenico Siclari.
“La domanda che dobbiamo farci oggi è: qual è la strategia per l’industria farmaceutica? La farmaceutica ha un saldo commerciale positivo sia in Europa come primo tra i comparti hi tech sia in Italia dove è il secondo in generale dopo la meccanica. Il governo ha sempre dichiarato di riconoscere il valore strategico dell’industria farmaceutica con l’intenzione di sviluppare piani per i comparti che creano maggiore vantaggio competitivo. Ad oggi con l’articolo 57 – che sposta una parte della quota di spettanza dall’industria ai distributori - si interviene penalizzando chi produce, fa ricerca investe e crea occupazione. E se il payback si conferma come una misura strutturale, per il Paese ci saranno serie conseguenze. È necessaria una riforma profonda di questo meccanismo per permettere all’industria farmaceutica di offrire un contributo importante alla crescita economica e sociale della Nazione”, afferma Marcello Cattani.
“Dopo anni dall’introduzione del payback, è tempo di superarlo con un meccanismo che favorisca un sistema sanitario più sostenibile e innovativo, andando oltre il semplice contenimento della spesa. Il sistema sanitario è cambiato e richiede il coinvolgimento di tutti gli attori, inclusi Terzo Settore e Patient Advocacy Groups (PAGs). In un contesto globale che investe 2.000 miliardi in ricerca, l’Italia, seppur leader manifatturiero in Europa, deve attrarre più investimenti, affrontando sfide come l’HTA, l’European Health Data Space e le terapie digitali”, spiega Emanuele Monti, Presidente Commissione Welfare Regione Lombardia ed Executive Board Member dell’AIFA.
“L’approvazione al DL fisco di prevedere un tetto al payback rappresenta un primo passo per portare il tema nella discussione parlamentare. Il payback rappresenta infatti una norma che danneggia un settore in cui come Italia siamo forti. Dobbiamo ripensare alla contabilizzazione della spesa farmaceutica come investimento, superando il sistema dei tetti di spesa. La previsione di un tetto al payback è una soluzione percorribile perché almeno mette un freno al meccanismo e gestibile dal punto di vista dei tendenziali di finanza pubblica. Tuttavia, si stratta di un correttivo nelle more di realizzare una riforma generale della governance della spesa farmaceutica”, afferma Massimo Garavaglia.
Dall’altro un report di PwC, che inquadra il payback all’interno degli ostacoli di natura fiscale, che potenzialmente possono portare a ridurre l’attrattività dell’Italia per gli investimenti nelle Life Science.
Secondo lo studio, l’Effective Tax Rate (ETR) delle imprese farmaceutiche italiane è mediamente più alto di quello delle imprese di altri settori; gravano, infatti, sul comparto, carichi fiscali più onerosi sotto diverse forme, tra cui il payback. Dall’elaborazione realizzata da PwC dei dati del comparto emerge che se si considerasse il payback (1,83%, 5% e sforamento per acquisti diretti) come se fosse un’imposta, l’ETR medio delle imprese farmaceutiche raggiungerebbe il 78% rispetto al 24% dell’ETR del resto delle imprese italiane.
“Siamo consapevoli che il sistema Italia debba diventare più competitivo per attrarre investimenti delle aziende farmaceutiche rispetto al quadro internazionale. È necessario rivedere il sistema dei tetti di spesa farmaceutica per consentire una programmazione da parte delle aziende. La proposta del tetto ci trova a grandi linee concordi per rendere più competitivo il Paese. Siamo sempre stati dalla parte di chi crea innovazione e crediamo nella collaborazione pubblico-privato per razionalizzare il sistema e renderlo in grado di dare risposte concrete al sistema Italia”, ha detto l’Onorevole Annarita Patriarca.
Tutto ciò avviene in un contesto in cui l’industria, a livello europeo, si trova di fronte a una serie di sfide – oltre a quelle di natura normativa – legate ai crescenti costi di ricerca e sviluppo e alle misure di austerità fiscale progressivamente introdotte dai vari governi. In parallelo, il settore farmaceutico europeo è sempre più sotto pressione dalla concorrenza di Cina e USA.
“Stiamo vivendo un momento strategico per l’industria farmaceutica. Come Paese il nostro approccio è quello di seguire in maniera coordinata e attenta i tavoli europei. A livello nazione, i tavoli sulla farmaceutica e biomedicale riprenderanno presto il loro lavoro e dovranno adottare questa strategia di condivisione e coinvolgimento di tutti gli attori del sistema in un’ottica di semplificazione. Serve una visione strategica per definire una politica industriale per il sistema delle life science di cui tutti sentono il bisogno attraverso la proposta di un libro bianco per il settore industriale delle life science”, afferma Claudia Biffoli.
In uno scenario di forte competizione globale, l’Italia può difendere e far crescere il suo comparto farmaceutico solo adottando regole che lo riconoscano come strategico e promuovano la competitività. Tuttavia, l’attuale gestione della spesa farmaceutica, soprattutto con il meccanismo del payback, pesa sulle aziende, limitando inevitabilmente gli investimenti per aziende come Johnson & Johnson Innovative Medicine, che hanno fatto dell’Italia un pilastro per l’innovazione terapeutica e la produzione farmaceutica avanzata.
Lo scorso giugno, infatti, l’azienda ha annunciato un investimento di 580 milioni di euro nei prossimi cinque anni, di cui 125 milioni di euro andranno a sostenere un aumento della capacità produttiva e a costruire le competenze per il futuro. Inoltre, negli ultimi cinque anni, l’azienda ha investito quasi 50 milioni di euro in Italia (+11,7% ogni anno dal 2019) e ha gestito 114 studi clinici e collaborato con 993 centri di ricerca in Italia, offrendo accesso alle cure a più di 5.000 pazienti.
Senza una stabilizzazione del sistema, c’è la possibilità che le conseguenze sulle aziende siano significative, con il concreto rischio che si possano tramutare in un blocco degli investimenti, compromettendo la capacità di garantire un mercato interno stabile e forniture farmaceutiche adeguate.
“I dati presentati oggi evidenziano come l’imprevedibilità del payback influenzi negativamente il nostro settore, ostacolando la pianificazione aziendale e minacciando sostenibilità e innovazione. La riduzione delle risorse compromette lo sviluppo di nuovi farmaci e la salute pubblica. Le incertezze normative rendono l’Italia meno competitiva in Europa. Proponiamo quindi un dialogo strutturato tra istituzioni e imprese, tetti di spesa realistici e misure a mitigazione del payback in un’ottica di ripensamento generale della governance della spesa farmaceutica, per una programmazione sostenibile che favorisca il progresso scientifico e il benessere dei pazienti” – spiega Mario Sturion, Amministratore Delegato di Johnson & Johnson Innovative Medicine Italia.
JOHNSON & JOHNSON
In Johnson & Johnson crediamo che la salute sia la cosa più importante. La nostra forza nell’innovazione nell’ambito della salute ci permette di costruire un mondo in cui le malattie complesse vengono prevenute, trattate e curate, dove i trattamenti sono più efficaci e meno invasivi e le soluzioni personalizzate. Attraverso Innovative Medicine e MedTech, abbiamo un posizionamento unico che ci permette di innovare in ogni ambito delle soluzioni terapeutiche di oggi, realizzare le scoperte di domani e avere un impatto profondo sulla salute dell’umanità.
JOHNSON & JOHNSON INNOVATIVE MEDICINE IN ITALIA
Johnson & Johnson Innovative Medicine fa parte di Johnson & Johnson. Presente in Italia dal 1975, è guidata da Mario Sturion in qualità di Managing Director. Innovative Medicine opera in Italia con 1.400 persone basate nella sede centrale di Milano e nel sito produttivo nell’area di Latina (vicino a Roma), uno dei più innovativi al mondo. L’azienda concentra le proprie attività in sei aree terapeutiche chiave per la salute globale: onco-ematologia, immunologia, neuroscienze, ipertensione arteriosa polmonare, malattie infettive, malattie cardiovascolari, metaboliche e retiniche. L’azienda è impegnata nell’innovazione fin dalla sua fondazione: l’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, ha inserito 18 molecole sviluppate dalla ricerca di Johnson & Johnson nella lista dei “farmaci essenziali per l’umanità”.